giovedì 15 novembre 2007
lunedì 12 novembre 2007
Corto Maltese
"Sono l'oceano pacifico e sono il più grande di tutti. Mi chiamano così da tanto tempo, ma non è vero che sono sempre calmo."
Comincia così la prima avventura di Corto Maltese "una ballata del mare salato", una storia ambientata nei mari del sud, nella quale proprio il mare fa da sfondo e a volte da padrone degli eventi. Nel mezzo di questa immensa distesa d'acqua fa la sua apparizione il marinaio-pirata-avventuriero più famoso del mondo dei fumetti e sempre in mezzo al mare si conclude l'avventura dei protagonisti.
La storia, ambientata tra il 1913 e il 1915, racconta l'odissea dei due cugini Groovesnore, la bella Pandora e il giovane Cain, che vengono "salvati" dal naufragio dal capitano Rasputin (eterno socio-nemico di Corto). Purtroppo, i loro salvatori si riveleranno dei pirati che, agli ordini del misterioso Monaco, scorrazzano per i mari della Nuova Guinea attaccando le navi inglesi con lo scopo di rifornire di carbone la flotta della marina imperiale tedesca. I due ragazzi si renderanno presto conto che l'unica speranza di uscire vivi da quest'avventura è stare vicino a Corto Maltese, che pur sembrando distaccato dagli eventi si dimostra un eroe romantico e disincantato.
Altri personaggi degni di nota sono: Il tenente di vascello Slutter, costretto, suo malgrado, ad allearsi con i pirati per ordine del comando tedesco; Tarao, un marinaio maori; Cranio e Sbrindolin, due marinai polinesiani che parlano, come gli altri indigeni, in veneziano. Spiega lo stesso autore: "I polinesiani che disegno per Una Ballata del Mare Salato hanno una parlata dolce come quella dei veneziani, e per questo mi diverto a farli parlare nel dialetto di mia madre."
I personaggi di questa avventura, ed in generale tutti i personaggi di Hugo Pratt, sono saggi e conoscono l'ironia e qualche volta il sarcasmo.
"Tutti i protagonisti della Ballata viaggiano nell'arcipelago dell'incertezza." Non sanno seguire i pescecani come Tarao (l'unico che arriva dove vuole e deve, quasi in linea retta).
È incerto anche il disegno e Corto non ha i tratti essenziali e definiti che assumerà con il tempo e con il susseguirsi di storie e che lo renderanno un'icona dell'avventura. Corto, oggi inconfondibile, all'epoca della Ballata si cerca ancora. Proprio per questo la Ballata rimane nella mente dei suoi primi lettori come un evento, il modello di un nuovo modo di fare letteratura attraverso il fumetto." (estratto dalla prefazione di Umbreto Eco)
Una Ballata del Mare Salato nasce al Lido. Hugo Pratt lavorava, preferibilmente di buon mattino, seduto di fronte al mare e deve molto, come scrive lo stesso Pratt in introduzione alla prima storia di Corto Maltese, allo scrittore irlandese Henry de Vere Stackpoole e alla sua novella "La laguna azzurra": "...Fu questo scrittore...che per primo mi fece amare i mari del Sud...". Ma, in generale, si potrebbe dire che l'amore per l'avventura il nostro autore lo avesse inscritto nel proprio DNA, amore alimentato negli anni della giovinezza dalla lettura di libri (Stevenson, Conrad) e soprattutto fumetti (l'Avventuroso, l'Audace) e dall'esperienza africana, dove si trasferì con la famiglia all'età di 10 anni: "...un'età pronta ad assimilare emozioni, costumi, amicizie...".
Hugo Pratt vive come dimensione esistenziale l'avventura. Sembra volersi immedesimare nei personaggi delle storie da lui stesso create, da assumerle alla fine come realtà, l'unica che valga la pena di essere vissuta (dall'introduzione di Gianni Brunoro al volume "L'ultima Ballata").
da "Postilla" n.11
sabato 10 novembre 2007
venerdì 9 novembre 2007
Chi è Don Rosa
Il fumetto, all’inizio, è solo un hobby, infatti Don lavora nell’azienda fondata dal nonno Gioachino, emigrato dal Friuli, ma diventa lavoro nell’86 quando viene pubblicata la storia “Il Figlio del Sole”.
Già da questa prima prova coi personaggi Disney si avverte una delle caratteristiche principali dello stile di Don Rosa, cioè il suo riferirsi costantemente all’opera del maestro Carl Barks, il quale aveva creato la famiglia dei paperi affiancando a Paperino la maggior parte degli altri personaggi oggi conosciuti, su tutti Zio Paperone.
Infatti se i suoi disegni, in special modo nelle storie più recenti, possono essere considerati non molto fedeli allo stile Barksiano (come invece lo sono quelli di altri come Vicar o Daniel Branca), è soprattutto nella trama che Don Rosa riprende e sviluppa i temi affrontati dal grande maestro, fino a scrivere delle vere e proprie seconde puntate di alcune delle più belle avventure di Zio Paperone degli anni 50.
Don Rosa, solitamente, ambienta le sue storie proprio negli anni in cui operava Barks, e comunque mai dopo il 1967, anno di ritiro del maestro.
L’apice lo raggiunge nella “Saga di Paperon de’ Paperoni” dove Rosa collega (a volte con qualche forzatura) le informazioni sulla vita di Paperone che Carl Barks aveva inserito nelle sue storie, creando una vera e propria storia del personaggio e della sua famiglia.
Partendo dal 1877 dove un Paperone di dieci anni lascia Glasgow in cerca di fortuna, arriva al 1947 a Paperopoli dove un vecchio e acciaccato Paperone ritorna alla voglia di vivere dopo l’incontro con il nipote Paperino.
Un modo adulto, e insolito per la Disney, di raccontare le vicende, collegate anche a luoghi, fatti e personaggi reali, che fa apparire il protagonista come un eroe in carne e ossa (e piume).
Zio Paperone
Con l’espediente della “nostalgia dei bei tempi andati”, Don Rosa fa rivivere al vecchio avaraccio la breve e travagliata storia d’amore con Doretta Doremì, sullo sfondo della corsa all’oro nello Yukon del 1897. Riprendendo le vicende narrate nella vecchia avventura “Zio Paperone e la Stella del Polo” dal “maestro” Carl Barks, l’autore ci proietta nelle gelate terre del Nord America dove il papero più ricco del mondo guadagnò il suo primo milione di dollari.
Il racconto svela cosa è successo in quel mese di convivenza forzata, passato dai due paperi in una miniera nascosta, tra intrighi, inganni e situazioni piccanti come mai era successo prima in una storia Disney.
Come suo solito, Don Rosa mescola la fantasia con avvenimenti e personaggi reali: in quest’avventura vediamo infatti, in un colpo solo, Wyatt Earp, Bat Masterson, Roy Bean, Butch Cassidy e Sundance Kid (leggendari personaggi del vecchio West) che a più riprese tentano di sopraffare il protagonista.
Le vignette di Don Rosa sono fitte di dialoghi e di particolari, il suo disegno da alcuni è considerato un po’ “legnoso”, ma in realtà è funzionale al suo modo adulto e realistico di raccontare la storia.
Con questa vicenda l’autore arricchisce ulteriormente i dodici capitoli della saga sopraccitata (per la precisione si inserisce tra l’ottavo e il nono capitolo), come già aveva fatto in altre occasioni.
In quella lunga opera l’autore raccontava la vita di Paperone dalla sua nascita fino al 1947 (anno in cui Barks crea il personaggio di Zio Paperone). La storia prende il via da Glasgow e dopo varie vicissitudini in giro per il mondo si conclude con l’incontro tra Paperon de’ Paperoni e il nipote Paperino, spiegando i motivi per cui fino a quel momento i due non si erano mai conosciuti.
Ma l’aspetto più interessante della saga è che per la prima volta nel mondo Disney viene descritta in modo realistico la genealogia dei vari personaggi: non esistono solo zii, nipoti e cugini, ma, ad esempio, Paperone ha un padre e una madre ai quali è molto affezionato; Paperino è figlio di Ortensia, sorella di Paperone, e di Quackmore, figlio di Nonna Papera. Inoltre i personaggi crescono, invecchiano e vengono a contatto con la morte, altro tabù sfatato da Don Rosa.
“I ricordi possono essere intensi e profondi, ma spesso attraversano la mente alla velocità della luce… specialmente se si tratta di ricordi ricorrenti…”
di Rossano Rossini e Federico Rigoni
da "Postilla" n.7
giovedì 8 novembre 2007
mercoledì 7 novembre 2007
WOLVERINE: SAUDADE
Dopo la pubblicazione de “Il segreto del vetro”, l’avventura tutta italiana dell’Uomo Ragno, ora tocca a Wolverine.
La produzione di avventure di eroi Marvel scritte e disegnate da autori europei e pubblicate dalla modenese Panini Comics, prosegue con l’opera di Jean-David Morvan e Philippe Buchet, autori francesi conosciuti in Italia e nel mondo per il fumetto Sillage.
Wolverine, il più animalesco degli X-Men, scopre il significato della parola brasiliana “saudade”, durante una vacanza a Fortaleza; vacanza che si trasforma già dalle prime tavole in una avventura in difesa dei meninhos de rua, che lo porterà a scontrarsi con uno squadrone della morte e un fantomatico guaritore.
Storia breve (46 tavole a colori), ma intensa dove l’eroe canadese viene a contatto con alcuni dei problemi cronici del sud del mondo: povertà, neocolonialismo, corruzione e sfruttamento dei più deboli.
Chi si avvicina per la prima volta al mondo dei supereroi può trovare in quest’albo cartonato tutte le caratteristiche tipiche dei personaggi dell’universo Marvel (supereroi con superproblemi), ma reso attraverso un segno grafico ed una impaginazione tipicamente europee. La sequenza delle vignette è ben definita e queste raramente si sovrappongono le une alle altre (come spesso capita nella produzione americane) rendendo la lettura più fluida.
Lo stile semicaricaturale di Philippe Buchet, che può ricordare quello di Jordi Bernét (disegnatore di Torpedo), risulta in alcune sequenze estremamente essenziale, focalizzando l’attenzione sui soli personaggi, cosa particolarmente apprezzabile nelle scene d’azione.
Apprezzabili i colori di Walter Pezzali che variando il colore di fondo ad ogni cambio di scena sopperisce alla mancanza di didascalie.
da "Postilla" n.6
martedì 6 novembre 2007
Dylan Dog
Dylan Dog ha da poco compiuto vent’anni.
Per festeggiare l’evento, la Sergio Bonelli Editore ha deciso, tra le altre cose, di portare in edicola una nuova ristampa.
“Dylan Dog GrandeRistampa” ripropone in ordine cronologico le avventure del famoso indagatore dell’incubo in albi, ognuno contenente tre storie, di 296 pagine.
Dall’ottobre del 1986 il personaggio creato da Tiziano Sclavi esorcizza le nostre paure (e ce ne fa nascere di nuove).
Nella sua lunga storia editoriale, oltre ad affrontare i temi classici dell’orrore come gli zombi in “L’Alba Dei Morti Viventi”, i licantropi in “Le Notti Della Luna Piena”, i vampiri in “Vivono Tra Noi”, i fantasmi in “La Casa Infestata”, Dylan Dog ha affrontato anche le paure della gente comune: la paura di volare in “Giorno Maledetto”, la paura della morte in “La Zona Del Crepuscolo”, la paura del buio in “Il Buio”, ed anche la paura che nessuno si accorga di noi, la paura di non essere amati, nel bellissimo “Memorie Dall’Invisibile”. Solo per citare alcuni dei primi ineguagliabili episodi.
Lo stesso protagonista non manca di fobie, dalla paura di volare alla claustrofobia, dalle vertigini al terrore dei pipistrelli. Caratteristiche non certo ideali per un “indagatore dell’incubo”.
Dylan Dog non è un personaggio dal carattere “deciso”. Insicuro e fragile, si fa accenno più volte al suo passato di alcolista.
Si può dire che questa sua fragilità rifletta quella dell’autore. Dalle rarissime interviste che Sclavi ha rilasciato si apprende, infatti, che ha passato molti anni in analisi e che avrebbe addirittura pensato diverse volte al suicidio.
Le atmosfere cupe e opprimenti dei primi numeri riflettono lo stato d’animo dello sceneggiatore, atmosfere che vengono “smorzate” dalla vena comica della spalla di Dylan, quel Groucho dalle fattezze e dall’umorismo dell’attore americano degli anni 30.
Tiziano Sclavi, dopo aver scritto personalmente la maggior parte delle storie dei primi 100 numeri, ha lasciato sempre più spazio ad altri sceneggiatori fino a scomparire dalle pagine della sua creatura per ben 5 anni dal 2001 al 2006. Con l’eccezione di Paola Barbato, gli autori che lo hanno sostituito alla macchina da scrivere non sempre si sono rivelati all’altezza della situazione, ma il lettore affezionato di una pubblicazione seriale è disposto ad accettare qualche episodio non all’altezza purché il livello rimanga accettabile
Parlare di uno stile grafico riferendosi ad un fumetto seriale può essere complicato. I disegnatori che si alternano ai pennelli aggiungono valore alla serie portando ognuno la propria personalità e il proprio stile.
Tra gli artisti, tutti degni di nota, alcuni si distinguono per originalità.
Angelo Stano, attuale copertinista, dal tratto spigoloso che può ricordare il pittore Klimt; il gotico Corrado Roi, dalle atmosfere cupe e lovecraftiane; il duo Montanari & Grassani, veri "stakanovisti" del disegno, dal disegno semplice e privo di fronzoli; Bruno Brindisi dal segno preciso e pulito che si avvicina allo stile del fumetto franco-belga; Giampiero Casertano dal marcato contrasto tra il bianco e il nero e dal tratto deciso.
Dylan Dog è diventato da subito un fumetto di culto per la capacità degli autori di coniugare il concetto del fumetto popolare con il fumetto d’autore.
“niente, non è niente… è stato solo… un incubo…”
di Rossano Rossini e Federico Rigoni
da "Postilla" n.10
domenica 4 novembre 2007
Mort Cinder
Se vi siete persi il nr. 59 dei Classici del Fumetto di Repubblica del 2005, non fatevi scappare la nuova pubblicazione della casa editrice Comma 22.
È in libreria il nr. 3 della collana dedicata ad Alberto Breccia: “Mort Cinder”.
Originariamente pubblicato nel 1962 e considerato il capolavoro del più grande esponente della scuola argentina, questo fumetto, scritto da un altro mostro sacro del romanzo disegnato Héctor German Oesterheld, viene riproposto in volume cartonato di grande formato, 256 pagine di splendide tavole in bianco e nero.
La scrittura di Oesterheld è fitta di didascalie, caratteristica che ritroviamo anche nel suo lavoro più conosciuto, “L’Eternauta”, l’azione è spesso solo raccontata.
Il bianco e nero di Breccia è frutto di una continua sperimentazione di tecniche e materiali. Per la costruzione delle sue tavole ha usato il pennello e l’inchiostro di china (a volte diluito con la colla), lametta da barba, tamponi, guarnizione in gomma di un manubrio di bicicletta, retini, che danno alle sue vignette un aspetto estremamente innovativo tanto che c’è chi afferma che la storia del fumetto si divide in “prima di Alberto Breccia” e “dopo Alberto Breccia”.
Ma chi è Mort Cinder? È un uomo che muore continuamente, soffrendo, e, soffrendo, torna ogni volta in vita. Ha vissuto in tutti i tempi e raccontando le sue storie all’amico antiquario Ezra Winston, il vero protagonista della serie (soprattutto nel primo episodio), ci fa rivivere momenti della costruzione della Torre di Babele, della Prima Guerra Mondiale e della battaglia delle Termopili, ecc.
E a proposito dell’episodio “La Battaglia delle Termopili” è facile notare come Frank Miller (Sin City, Il Ritorno del Cavaliere Oscuro) ne abbia tratto ispirazione per il suo recente “300” (fumetto del 1998 e film in uscita a fine marzo). Oltre ad ispirarsi alla storia degli spartani, l’autore americano si può considerare un seguace di Breccia nell’uso del bianco e nero e dei contrasti fra luce ed ombra. L’artista argentino è un maestro delle atmosfere cupe. I suoi personaggi sembrano investiti da una luce di taglio. I contorni delle cose spesso non sono disegnati, ma risultano per contrasto con l’ambiente circostante che il più delle volte è solo accennato.
L’episodio principale è “Gli Uomini dagli Occhi di Piombo”, nel quale il vecchio antiquario, trascinato dagli eventi, aiuta Mort Cinder a risorgere. In una storia piena di personaggi dallo sguardo assente, Ezra Winston (autoritratto dello stesso Breccia) è quello più espressivo e vitale nonostante l’età e un fisico non certo da eroe.
da "Postilla" n.8
sabato 3 novembre 2007
Persepolis
Dopo il successo avuto al Festival di Cannes (dove ha vinto il premio della giuria), arriverà anche in Italia (dicembre 2007) il film di animazione “Persepolis”.
Il film è tratto dall’omonimo fumetto, il primo mai realizzato da un autore iraniano. Creato nel 2000 da Marjane Satrapi, che è anche la regista della pellicola, l'opera viene pubblicata per la prima volta in Francia nello stesso anno.
L’aver vinto il celebre premio Alph'Art du coup-de-cour al Festival di Angouleme del 2001 trasforma l'opera in un vero e proprio caso letterario a livello internazionale: oltre 1 milione e 200mila copie vendute in tutto il mondo, il testo è adottato da numerose università.
In Italia "Persepolis" è stato pubblicato per la prima volta da Lizard Edizioni in 4 volumi, usciti tra il 2002 e il 2003. Sono poi seguite le edizioni della Sperling&Kupfer (2 volumi 2003-2004) e dei Classici del Fumetto – serie oro de La Repubblica (in unico volume 2005).
"Persepolis" si presenta sottoforma di autobiografia a tratti romanzata, nella quale l’autrice racconta vicende legate alla sua infanzia in Iran all'epoca della Rivoluzione Culturale, la sua adolescenza in Europa e il ritorno, piuttosto traumatico, in un Iran estremamente diverso da quel che ricordava.
Ne risulta un'opera intensa, che affronta temi politici e sociali, mescolandoli alla quotidianità, e che racconta al pubblico occidentale, un paese, l’Iran appunto, molto più complesso dell’immagine stereotipata che ne abbiamo.
Dice l’autrice: “Persepolis è nato come fumetto per gli occidentali: ci sono moltissime spiegazioni sulla vita quotidiana che sono superflue per un lettore iraniano.”
I protagonisti della storia sono, oltre a Marjane stessa, le persone importanti nella sua vita: i genitori, la nonna, gli amici iraniani ed europei, il marito.
Lo stile della Satrapi è semplice ed essenziale. Nelle sue vignette dominano il bianco e il nero, raramente vi si trovano sfumature di grigio. Il disegno è funzionale al racconto anche per questo motivo sono quasi totalmente assenti gli sfondi.
«Mi piace pensare per immagini. Per questo ho scelto il fumetto. Per me è importante usare poche parole e pensare in bianco e nero». «Ridere è una forma di comprensione globale. L'umorismo, se associato all'illustrazione non conosce confini. Può essere compreso da tutti».
di Rossano Rossini e Federico Rigoni
da "Postilla" n.12